Lo studio realizzato da Kyoto club e Consiglio nazionale delle ricerche
La mobilità è tornata alla situazione precedente al Covid. Con l’auto che è rimasta protagonista degli spostamenti urbani e il tasso di motorizzazione, il più alto in Europa, che ha continuato ad aumentare nelle principali città italiane. E’ la fotografia restituita dal Rapporto “MobilitAria” 2024, realizzato da Kyoto Club e dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IIA), che ha analizzato i dati della mobilità e della qualità dell’aria, durante il 2024, nelle 14 realtà metropolitane italiane.
Lo studio descrive una situazione non rosea. Siamo in un contesto di transizione preoccupante. Perché per ridurre inquinamento, congestione, incidentalità e mortalità sulle strade, diventano sempre più urgenti azioni che permettano di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
L’Italia urbana è invece in stallo sul fronte della mobilità sostenibile e, in alcuni casi, in regressione. Dopo anni di progressi moderati, la qualità dell’aria continua ad avere diverse criticità. L’Italia si conferma maglia nera in Europa per decessi prematuri attribuibili alle sostanze inquinanti.
Secondo le parole di Francesco Petracchini, direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del CNR e Presidente della Cabina di regia del Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria della Presidenza del Consiglio dei Ministri “i dati raccolti nel Rapporto confermano che l’inquinamento atmosferico rappresenta una delle minacce per la salute pubblica causando migliaia di morti premature ogni anno. La nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria 2024/2881, fornisce una direzione per le politiche ambientali urbane più incisiva: fissa obiettivi più stringenti, introduce nuovi parametri da monitorare e richiede la riorganizzazione della rete per il monitoraggio, al fine di favorire la comprensione scientifica degli effetti degli inquinanti sulla salute umana e sull’ambiente. In questo quadro come CNR si ribadisce l’importanza di proseguire con politiche locali e nazionali ambiziose per ridurre le emissioni, in particolare nel settore dei trasporti e del riscaldamento domestico, che restano le principali fonti inquinanti in ambito urbano”.
Non mancano comunque segnali incoraggianti. A Bologna si registra un netto calo del biossido di azoto (NO₂), con una riduzione del 35% in un solo anno. È il miglior risultato tra le 14 grandi città analizzate. Altrove, i miglioramenti sono minimi (dal 3% al 20%) e alcune città, come Bari e Venezia, hanno visto un peggioramento (+4%). Cagliari, Napoli e Messina registrano valori invariati. Solo Catania (4 superamenti) e Napoli (1) hanno registrato superamenti orari del NO₂. Per quanto riguarda il PM10 (le polveri sottili dannose alla salute), le concentrazioni medie delle città metropolitane restano nei limiti normativi, ma persistono criticità nell’area padana e in alcune città del sud (Catania, Napoli e Cagliari) per il superamento del limite giornaliero del PM10. Il PM2.5 resta sotto la soglia normativa in tutte le città, ma lontano dai valori raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Una delle possibili concause dell’assenza di progressi è la crescita record del tasso di motorizzazione: nei grandi centri urbani italiani ci sono dalle 2,5 alle 4 volte più auto rispetto a quanto auspicabile per una mobilità sostenibile, configurando un uso privatistico dello spazio pubblico che impedisce riforme strutturali.
Anche la quota di veicoli elettrici cresce lentamente e resta molto lontana dai tassi a doppia cifra di molti Paesi europei. La Legge di Bilancio 2025, infatti, non prevede nuovi fondi per lo sviluppo di metropolitane, tramvie e busvie veloci, né per la mobilità ciclistica e le ciclovie turistiche, con tagli significativi ai fondi esistenti. Al contrario, sono stati stanziati ulteriori 1,5 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto di Messina, portando il totale a oltre 13 miliardi. L’unico ambito in cui si registra una certa continuità sono i progetti di re-infrastrutturazione del trasporto pubblico nelle grandi città, ma i fondi PNRR non hanno quasi toccato i centri urbani piccoli e medi, e si avvicina rapidamente la scadenza delle risorse.
Anche quest’anno MobilitAria propone un indice sintetico per valutare la distanza delle città italiane dall’obiettivo 2030 di mobilità sostenibile. L’indice aggrega otto dimensioni chiave: trasporto pubblico non inquinante, mobilità ciclabile, mobilità condivisa, tasso di motorizzazione, elettrificazione dei veicoli privati, qualità dell’aria, impatto sanitario e sicurezza stradale. Milano è la città più vicina al raggiungimento degli standard europei di mobilità sostenibile, nonostante i problemi in termini di qualità dell’aria rispetto agli obiettivi europei al 2030. Ultima in classifica Catania, che ha anche il tasso di motorizzazione più elevato: nella città etnea ci sono in circolazione più auto e moto che persone. Gran parte dei grandi centri del Mezzogiorno mostrano notevoli deficit di mobilità sostenibile. Una novità importante dell’edizione 2025 riguarda l’analisi del gender gap nella mobilità. I dati rivelano differenze significative tra uomini e donne negli spostamenti urbani.
A Roma l’indagine elaborata da Roma Servizi per la Mobilità dimostra che le donne fanno maggiori spostamenti, in genere più brevi, camminano e usano il trasporto pubblico di più rispetto ai maschi. Un autentico gender gap esiste nella mortalità e incidentalità, dove gli uomini sono circa il 75% delle vittime. Segno di una guida imprudente e veloce.
Per Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, occorre “procedere rapidamente sulla strada della decarbonizzazione, ricorrere a efficienza energetica e fonti rinnovabili, togliere veicoli inquinanti dalle nostre strade trasformando il modo in cui ci muoviamo è urgente e necessario se vogliamo risolvere l’emergenza sanitaria dell’inquinamento atmosferico e fermare la crisi climatica. Occorre investire decisamente in mobilità sostenibile (trasporto pubblico locale e mobilità attiva), non come fa la Regione Piemonte, che invece di rafforzare le misure contro lo smog sta operando per far slittare ulteriormente il blocco dei diesel Euro 5, andando in direzione opposta rispetto alle necessità ambientali e sanitarie.”
Il Rapporto suggerisce quindi un deciso e necessario cambio di rotta. “A partire da una revisione profonda del Codice della Strada che riconosca il diritto delle città a regolare traffico, velocità e sicurezza, introducendo strumenti efficaci come le “Città 30”, le ZTL dinamiche e una regolazione avanzata degli accessi. Serve una politica nazionale che punti chiaramente al riequilibrio modale, dimezzando l’uso dell’auto privata e investendo sul trasporto pubblico elettrico, sulle reti tranviarie e metropolitane, sulla ciclabilità e sulla mobilità condivisa, oggi frenata da scelte miopi e arretrate. Le città devono essere messe nelle condizioni di adottare misure strutturali, con nuovi fondi per il trasporto pubblico, piani decennali per le infrastrutture su ferro e investimenti stabili per ciclovie e mobilità attiva. Va favorita l’elettrificazione del parco veicolare e potenziata la logistica urbana a basse emissioni. È cruciale infine recepire con coraggio la nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, rafforzando il monitoraggio ambientale, migliorando l’informazione pubblica e promuovendo politiche locali coerenti e coordinate. Se vogliamo davvero città più vivibili e aria più pulita, il momento di agire è ora”.
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